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LA VALLI

Dal 1948, a parte un anno, la Valli, in Italia e in Europa, vuoi dire regolarità. L’edizione dei ‘79 ha segnato un record: dicono che sul percorso e in prova speciale ci fossero, più o meno, trentamila persone.
Vediamo come, negli anni, la Valli è diventata la gara di regolarità più bella, più famosa, più dura e affascinante del mondo.
La Valli è un simbolo e la regolarità italiana deve, in un certo senso, dirle grazie. Proprio sui suoi duri percorsi sono nati quei piloti che oggi, unanimemente, sono considerati i più forti del mondo e che hanno portato in Italia tantissimi titoli europei e innumerevoli vittorie.
La Valli è nata nel dopoguerra. Nel 1948 iniziò il «decentramento» del Moto Club Bergamo. Nacquero le «sezioni». La prima fu quella di Ponte Nossa, un paese della VaI Seriana a pochi chilometri da Vertova, la cittadina che ha dato i natali ai più forti piloti italiani e del mondo (per citarne qualcuno, Gritti, Gualdi, Andrioletti, più volte campioni europei).
Nel ‘48 il presidente della sezione di Ponte Nossa, Giacomo Manzoni, e quello del M.C. Bergamo, Baracchi (un nome famoso per lo sport bergamasco: è il padre del Trofeo Baracchi, la nota gara ciclistica), per onorare la nascita della sezione decisero di comune accordo di dare vita alla prima edizione della Valli Bergamasche. Nacque, all’inizio, per metà come gara e per metà come gita mototuristica tra i percorsi più belli e noti delle valli orobiche. Ma la gita rivelò ben presto un volto particolare. I tempi ai vari controlli orari erano difficili da mantenere e solo quattro conduttori arrivarono senza penalità!

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Nel breve volgere di pochi anni la Valli raggiunse una notevole notorietà, tanto che nel ‘50 il M.C. Bergamo decise di chiedere d’organizzare una prova di campionato italiano, la Valli appunto, che entrò nella vera e propria regolarità ad alto livello. La prova, per via della validità per il campionato, raggiunse il tetto dei due giorni di gara e si affiancò alle più famose dell’epoca, lo «Scudo del Sud» e i «Tre Mari». Ma ben presto la Valli superò per notorietà e fascino queste altre competizioni.
Allora la regolarità era ben diversa da quella attuale. Le categorie erano solo quattro (100,175, 250 e oltre 250 cc), le moto erano macchine da strada artigianalmente modificate e nelle sospensioni e nel telaio per renderle migliori ma specialmente più robuste. In effetti le gare di allora, almeno di questo periodo, non si avventuravano su percorsi terribili, al massimo strade sconnesse o sterrati. La tecnica non poteva dare di più: motori, telai, sospensioni, ruote e gomme erano agli inizi della loro evoluzione. Per i pneumatici, ad esempio, esistevano al massimo dei modesti tassellati, per i primi artigliati bisognerà aspeftare la seconda metà degli Anni Cinquanta.

Le classifiche delle gare di regolarità dell’epoca erano redatte solo sulla base dei tempi ai controlli orari, la selezione era data solo dai ritardi o dagli anticipi ai c.o. Quindi molto spesso non c’era un solo vincitore ma molti ex-aequo.
Questo in Italia: all’estero le gare erano diverse, Il fuoristrada aveva già una sua precisa collocazione sportiva nei Paesi germanici e in quelli dell’Europa orientale in cui Case importanti come la Zùndapp, la Jawa, la Simson, la MZ si impegnavano in prima persona nelle competizioni per ben figurare nella Sei Giorni Internazionale, già allora molto importante, che, con i suoi percorsi difficili e con i tempi tirati, promuoveva solo le macchine più efficienti e resistenti e i piloti più veloci e preparati.

La Valli capì questa differenza e, rispetto alle altre gare italiane, cercò di essere la più... europea. Gli organizzatori avevano capito che la novità e l’interesse per la loro gara dovevano passare attraverso un modo diverso di intendere la regolarità. E così si cominciarono a cercare, lungo le valli, percorsi sempre più terribili, impervi e impegnativi. Sentieri, pietraie, mulattiere, scalinate, guadi impegnavano a massimo moto e piloti. E di percorsi del genere la VaI Seriana o la Va Brembana ne avevano a bizzeffe. Insomma, negli Anni Cinquanta la VaII cambia volto, diventa una prova massacrante, un banco di prova per k Case, una mèta sospirata per i piloti Finire la Valli allora (ma anche oggi era un traguardo importante per le macchina come per l’uomo).
Ma non tutto andava per il meglio sempre. Si accese infatti qualche polemica tra il moto club e le Case Queste accusavano la Valli di essere troppo dura e, per loro, troppo impegnativa. Ma la Valli, o, meglio, il M.C Bergamo, rimase irremovibile sulla sua strada: la Valli deve essere dura la gara più dura in Italia, perché dalla Valli i piloti italiani devono uscire pronti per le prove internazionali.
Agli inizi della seconda metà degl Anni Cinquanta, sempre mantenendo le sue caratteristiche di durezza e di difficoltà, la Valli aggiunse al suo programma un’altra giornata. DaI 1 955 aI ‘67 la durata della Valli fu questa. Fu una scelta voluta e meditata. In questo modo la Valli divenne una specie di prova generale della Six Days, dalle indicazioni delle mulattiere bergamasche i responsabili federali potevano prendere le decisioni sulle formazioni delle squadre.

Nel periodo ‘55-’67 la Valli fu ricca di esperimenti. Sì, infatti anche negli intendimenti della Federazione Motociclistica Italiana la Valli Bergamasche, proprio per la passione e la indiscussa abilità dei suoi organizzatori, divenne l’occasione per sperimentare nuove soluzioni, novità di regolamenti e di vere e proprie innovazioni che portavano in sé i primi movimenti per rimodernare tutta la regolarità. Così nel ‘55 furono inaugurate le tappe notturne, e il concetto di suddivisione della Valli in tappe proseguì nel tempo. Infatti ogni giornata di gara era divisa in due tappe separate, tra le quali i corridori potevano prendersi un po’di meritato riposo.
Insomma la Valli e la regolarità, in Italia, andavano avanti; purtroppo, sistematicamente, dai confronti internazionali i nostri piloti e le nostre macchine uscivano battuti. Ma la Valli serviva. Sul suo esempio anche le gare minori divenivano più impegnative, e proprio in quegli anni nasceva un aggettivo tipicamente usato nel «circus» della regolarità: il percorso alla «bergamasca», per definire una gara dura e massacrante.

Le Case, finalmente, capirono. Le moto a poco a poco ebbero dei miglioramenti; parallelamente gli organizzatori bergamaschi, in quella miniera di regolarità che sono le loro valli, scoprivano percorsi sempre nuovi, duri, bellissimi.
Era proprio il caso di dirlo: era una battaglia, da un lato l’uomo che cerca di scovare percorsi sempre più difficili, dall’altro il progresso tecnico che si impegna a superare tutte le difficoltà.
Fino alla fine degli Anni Sessanta, una buona parte del parco macchine delle gare di regolarità nostrane era formato da motoscooter. Ma pian piano anche questi pionieri dovettero passare a moto vere e proprie. Lo scooter, con le sue ruote di piccolo diametro, era un vero calvario nelle situazioni più difficili, ma molti disdettero, e così alla Valli del ‘60 arrivò un gruppetto di polacchi con delle strane WSK-OSA e addirittura nel ‘63 Tullio Masserini portò a termine la Valli con una Lambretta e, sempre lui, modificò agli inizi degli Anni Settanta un Innocenti Lui 75: di questo binomio si parla addirittura nell’elenco degli iscritti a una Sei Giorni!

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L’evoluzione tecnica che la Valli richiedeva e anche il contributo (sia tecnico che pubblicitario) che la Valli dava portarono molte Case a interessarsi a fondo di regolarità. Mi-VaI, Gilera e poi Moto Guzzi iniziarono duelli che non è certo la retorica a definire epici: i Giubileo 98, gli Stornello 98 o la Lodola 235, eredi di quella scuola regolaristica che oggi ha portato molte nostre aziende ad essere tra le migliori del mondo nel fuoristrada.

Questa intensa partecipazione alla Valli diede i primi buoni effetti in campo internazionale con miglioramenti alla Sei Giorni fino alla vittoria nel Vaso d’Argento del ‘60. Ma contemporaneamente le aziende tedesche e orientali iniziarono lo sviluppo del due tempi mentre i nostri studi rimasero fedelissimi al quattro tempi.
Intanto la regolarità cambiava. Già all’estero si correva con le prove speciali che stabilivano, cronometro alla mano, il vincitore tra i piloti a pari penalità (spesso a zero) dei controlli orari. Anche in Italia si volle provare e la FMI affidò l’esperimento» al Moto Club Bergamo nella Valli del ‘59. In effetti gli organizzatori bergamaschi avevano già avuto in mente qualcosa di simile, addirittura nel lontano ‘53, quando a un controllo stabilito i conduttori dovevano passare al tavolino del C.O. all’orario preciso con penalizzazioni per ogni secondo in più o in meno. NeI ‘59 le esperienze erano diverse e si provarono quattro tipi di prova speciale: prova di accelerazione e di frenata, accelerazione con partenza a motore spento, passaggio di un guado e salita su un terreno accidentato e molto ripido in cui il pilota doveva cercare di raggiungere il punto più alto senza fermarsi o scendere dalla moto. Quest’ultima prova venne effettuata su uno dei tratti più noti della Valli, il Ghiaione del Borlezza. Tra l’altro si pensi che al giorno d’oggi negli Stati Uniti si disputano regolarmente gare di questo genere, specialmente sulle colline della California.

Proprio nel ‘59 (tornando alla Valli) iniziò anche la partecipazione straniera. Infatti presero il via due inglesi in sella a BSA 348 e 499, quattro svizzeri con BMW, Jawa e AJS, due tedeschi con due piccole Zùndapp 70 e 125. Il’59 per tutto ciò fu un anno importante per la Valli, gara, quell’anno, durissima con un arrivo in cima alle Torcole, una mulattiera che gli appassionati hanno imparato ad amare e a odiare, perché è forse il tratto più massacrante che si possa trovare in VaI Brembana.
La Valli ebbe uno dei suoi moment d’oro mentre anche all’estero il «Trofeo Levo e Duccio Reggiani» (così era denominata allora e per molti anni la gara orobica) cominciò ad essere conosciuto.
Gli stranieri tornarono giunsero anche i campioni. Allora la classifica era principalmente a squadre, con il Trofeo Reggiani per le Na zioni e il Trofeo Serafini per l’industria.
Insomma iniziò l’invasione degli stranieri: i tedeschi con le NSU eBMW nelle cilindrate maggiori, 14 Hercules, le Grizner, le Zùndapp nelle più piccole; i polacchi con le WSk-O SA, le Junak, le SKL, gli austriaci con le prime KTM e Puch di 125,175 e 250 cc; numerosi anche gli olandesi per lo più con le CZ. Contro di loro le nostre Moto Guzzi, Gilera e Laverda e, in seguito, le Morini.

Nel ‘60 le prove speciali non erano più un esperimento, si introdussero la prova di accelerazione e frenata, la prova di velocità in salita sia su asfalto che su sterrato, la prova di cross-country e quella di velocità in circuito.
La disparità tra le prestazioni degli italiani nelle prove come la Valli e in quelle estere era notevole, I nostri borbottanti quattro tempi se la cavavano bene dove c’era da sudare sette camicie per arrivare in cima con spinte e trucchi, ma erano in gran difficoltà all’estero dove le prove speciali penalizzavano le nostre macchine meno potenti e i nostri piloti non abituati.
Fino al ‘64, alla Valli, gli italiani continuarono a difendersi bene in questa gara che qualche giornale estero definì addirittura più massacrante di una Sei Giorni. Ben presto gli stranieri ci superarono come numero di iscritti
, l’elenco dei partenti della Valli del ‘63, ad esempio, dava solo 41 italiani contro 114 stranieri. Le varie Mi-VaI, Gilera, Laverda si erano ritirate dalle competizioni alle quali, ufficialmente, partecipava la sola Moto Guzzi. Le due tempi straniere e i loro piloti venivano per vincere come vincevano in tutt’Europa. Erano gli anni d’oro delle Zùndapp (una tradizione che rimane ancora oggi) nella 75, 100, 125, 175, della Hercules nella 100 e 175 e delle inglesi Greeves che proprio nel ‘63 vennero a vincere il Trofeo Serafini per le industrie intaccando un albo d’oro tutto italiano.
L’anno dopo la vittoria assoluta andò a uno straniero, il tedesco Kamper con la Zùndapp 75 che approfittò della squalifica di Franco Dall’Ara accusato di essere stato aiutato e spinto in un tratto difficile.
Dal ‘64 al ‘70 la Valli parlerà continuamente straniero. Ma il ‘64, seppur con la cocente sconfitta, fu un anno importante per la Valli che divenne prova europea del Trofeo Internazionale FIM insieme al «Tatra Trial» polacco e al «Trial» di Strakonice cecoslovacco. Contemporaneamente venivano introdotte (come detto) le prove speciali.

Arriviamo al ‘65 con quindici squadre straniere schierate ufficialmente e neanche una italiana, solo privati, per lo più bergamaschi. Vinse Brinkmann, il primo di una famiglia tedesca molto regolarista: corse e vinse con una Hercules 50.
Gli organizzatori cominciarono a studiare qualcosa che limitasse Io strapotere delle piccole cilindrate. Il nuovo percorso scovato per il ‘66 e il ‘67 portò ai vertici le MZ ETS 250 dei tedeschi orientali Salewski e Uhlig: fu uno dei primi risultati positivi dei piloti orientali; da qui iniziò, nell’era moderna della regolarità, la scuola orientale della DDR e della Cecoslovacchia in sella alle MZ, alle Jawa e alle Simson.

Si va avanti così per un paio d’anni tra Io strapotere degli stranieri e una profonda crisi dei nostri piloti e delle loro macchine. Nel ‘68 la Valli salta: la FMI non ha incaricato il sodalizio bergamasco di organizzare la gara europea, ma addirittura la Sei Giorni che vede gli italiani, finalmente, in ascesa. Vincono il Vaso d’Argento con la Morini, una Casa che, da sola, strenuamente, cerca di mandare avanti la Iotta del quattro tempi italiano contro i due tempi esteri: con macchine di 100, 125 e 175 cc, curatissime, pezzi da intenditore nella meccanica di quegli anni con i magnifici e potentissimi motori a condotti orizzontali.

Nel ‘69 la Federazione Internazionale vara il campionato europeo e la Valli ne diviene una prova, Il nuovo regolamento impone qualche modifica allo svolgimento. I giorni di gara scendono da tre a due. Non c’è più un vincitore assoluto ma Otto vincitori di classe.
Finiva la Valli dei pionieri, iniziava quella della regolarità moderna. Ma la Valli restava dura, impegnativa. Il fascino della gara bergamasca non era intaccato dal dedalo di regolamenti, dalle limitazioni e dai pasticci che tanto hanno di politico e così poco di sportivo. Quindi, malgrado tutto, la Valli continuava, ma anche io strapotere degli stranieri.
Bisogna aspettare il 1970 per trovare un italiano nell’albo d’oro con la vittoria di Fausto Vergani (oggi è uno dei titolari della SWM) con una Giiera 100 a due tempi e coi disco rotante. L’anno dopo si assisterà all’ultimo canto dei cigno delle quattro tempi con la vittoria di Gritti con la Morini 175. Ma per due italiani ai vertici altri sette stranieri all’anno vincono alla Valli, I nostri hanno pagato a carissimo prezzo l’attaccamento delle Case italiane all’ormai superato quattro tempi.

Ma la musica finalmente cambia. La regolarità anche in Italia ha successo. Si creano gli importatori, proprio a Bergamo: Farioli inizia a portare in Italia le prime Penton-KTM, Frigerio (il miglior preparatore di quattro tempi con le sue magnifiche Gilera Frigerio 230) importa invece le Puch. Ora anche gli italiani hanno in mano moto adeguate. La risposta arriva subito, nel ‘71, anno in cui il più forte regolarista italiano e forse dei mondo, Alessandro Gritti, su una magnifica Puch 125 vince la categoria e la classifica assoluta.

Da quell’anno è la rimonta dei «caschi rossi». La KTM e la Puch creano in Italia team ufficiali; la Gilera, con motori a due tempi rientra nelle gare; nasce la SWM con motori a due tempi tedeschi. Tre vittorie di classe nel ‘73, sette neI ‘74, la Valli e la regolarità parlano italiano. E Io parleranno sempre più.
Cambiano i risultati, cambiano i piloti, cambiano le moto, ma la Valli no. E questo, alla lunga, sarà forse un limite della gara bergamasca. La regolarità degli ultimi anni è mutata, si cerca lo spettacolo, le prove speciali sono il momento «clou» della gara. Ma la Valli fa la sua selezione sul percorso, tra i sassi, con i tempi tirati. Negli ultimi anni gli stranieri, anche perché sempre più sconfitti, vengono malvolentieri a Bergamo, protestano, contestano, minacciano. Ma il M.C. Bergamo si è sempre difeso bene. Nell’edizione del ‘74 ci fu una strage con solo una ventina di arrivati: per questo nel ‘75 la Valli non è stata inclusa nel campionato europeo. Anziché a giugno si è corsa in settembre, ma ancora una volta ha scoperto qualcosa di nuovo: la prova speciale parallela. Sull’esempio dello sci, in prova speciale, su due percorsi adiacenti, partivano due piloti con spettacolo e pubblico.

Poi, neI ‘76, si è tornati alla Valli di campionato europeo, ancora una Valli dura. E anche questa volta gli stranieri hanno protestato. Nel ‘77 la gara è stata ancora dura, mentre nel ‘78 è stata fattibile e «digerita» quasi da tutti. NeI ‘79 ancora una Valli vecchia maniera, percorso difficile, tempi tirati e purtroppo un incidente mortale. Gli stranieri si impuntano: con giochi che hanno del losco e non dello sportivo, in sede di giuria internazionale, annullano i risultati del secondo giorno è un duro colpo. Ma la Valli va avanti ugualmente.
La Valli è servita a molto nella zona del Bergamasco. Le località più impervie, i paesi, sognavano di essere attraversati dalla Valli: era un punto d’onore. La Valli tra le montagne della Val Seriana o della Val Brembana ha scavato, ha scoperto nuove strade, nuovi percorsi.
E finiamo con i protagonisti della gara degli ultimi anni. Ne citiamo qualcuno che nel fascino della Valli ha raggiunto quasi la leggenda. Primo tra tutti Alessandro Gritti, venerato, quasi, nel Bergamasco, come il più forte. Si parla ancora di come, con la Puch, neI ‘72 percorse la micidiale salita delle Torcole, una mulattiera che fare a piedi è difficile, fare in moto senza spingere è quasi impossibile: chi c’era dice che ne ha fatta gran parte in impennata. Da Gritti a Brissoni, al giovane che ha raccolto l’eredità del campione di Vertova: per anni si parlerà dei loro duelli, delle due prove speciali al «quagliodromo» di Rovetta neI ‘77, quando i due assi saltarono, tra un tifo quasi calcistico, da un dirupo impressionante. Per finire con Franco GuaIdi, nel ‘79, che in piena battaglia per il campionato europeo della 250 (che poi vincerà) non esiterà a fermarsi sul percorso per aiutare lo svedese Lennart Andersson, caduto e morente, poi riprenderà la sua gara e riuscirà ugualmente a vincere la sua Valli: purtroppo lo svedese non vincerà invece la sua battaglia.

Gesta di sport e gesta di umanità nella cornice terribile delle mulattiere e dei sassi che la Valli Bergamasche ha creato. Un simbolo, quasi una leggenda per la regolarità e per tutti gli appassionati.

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