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Carlo Ubiali La volpe

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Di Ubbiali si è detto che non aveva la «spettacolarità» di altri campioni, ed è vero. Il suo modo di guidare, di correre era infatti costituito da «essenza» pura di rendimento senza la benché minima aggiunta di superfluo.
Se per assurdo si classificassero i campioni trascinatori di folle come piloti a sangue caldo, ebbene Ubbiali sarebbe rientrato in una specie a sé stante di piloti a sangue freddo. Sia parlandogli come vedendolo gareggiare lo si sarebbe detto immune da sentimenti ed emozioni. Mai nessuno al proprio seguito ad eccezione del fratello Maurizio, suo fidatissimo consigliere e costantemente accanto a lui come un ombra in ogni spostamento, pochissima comunicabilità, una cortesia tiepida fatta degli essenziali convenevoli, nessunissima disponibilità a fare il divo.

Racconta ora Ubbiali che evitava persino di entrare in una sala cinematografica se c’erano le luci accese nell’intervallo perché gli seccava essere riconosciuto.
Ora Ubbiali, padre di quattro figli con una graziosissima moglie dal carattere celestiale, è ben diverso dai tempi in cui correva. La figura è sempre quella, asciutta e nervosa dell’uomo che ha cura di sé e si disciplina, ma il carattere è estremamente più gioviale e comunicativo. Parlare con lui di moto è un’esperienza assolutamente unica perché ha un modo così incisivo, essenziale, profondo di trattare ogni argomento con la sua vivida intelligenza, che i suoi ragionamenti si seguono come se li si vedesse proiettati nitidamente su uno schermo.
Ubbiali vive a Bergamo, dove è nato il 24 settembre 1929, e, dopo alcune esperienze imprenditoriali non precisamente fortunate, si occupa attualmente del commercio di automobili. Conduce vita piuttosto appartata come sempre, ma per lo meno è diventato avvicinabile, mentre una volta era un problema per i giornalisti cavargli di bocca qualche parola, anche se era l’unico corridore che a chiusura di ogni stagione offriva una cena alla stampa specializzata, nel corso della quale si aveva finalmente modo di discutere le vicende dell’annata.
Ubbiali, statura media, corporatura snella ma «nodosa)), taglio degli occhi alla orientale che lo aveva fatto soprannominare il cinesino, la furberia di una volpe (altro soprannome attribuitogli), era un pilota che non lasciava nulla al caso. Dotato di un profondo senso della meccanica (che è ben di più della conoscenza pratica vera e propria), indirizzava i meccanici verso una messa a punto della moto invariabilmente perfetta; poi studiava’ col fratello Maurizio, che gli prendeva i tempi e faceva le segnalazioni, una tattica di gara, cui si atteneva a puntino, infine in gara non rivelava mai appieno le possibilità proprie e quelle della macchina, giocando con l’avversario come il gatto col topo, finendo spessissimo per batterlo in volata.      

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Ubiali con la MV 250 bicilindrica nel 1960

Ubbiali non era insomma di quelli che se la moto si rivelava superiore appioppava mezzo giro di distacco agli avversari; si limitava a tenerli a bada e vincere di misura. Quando invece (come talvolta si è verificato) la sua moto era inferiore, allora dall’alto della sua somma classe riusciva a minimizzare talmente il divario da saper perdere con onore pari a quello di... una vittoria.
La sua accortezza era tale che spesso non si riusciva neppure a pi
gliargli un tempo esatto nelle prove perché, in base a una specie di «cabala» dei tempi sul giro concordata col fratello, tirava ad esempio dalla linea di partenza fino a un determinato punto del circuito e rallentava quindi l’andatura, mentre il giro dopo tirava da quel punto in poi in modo che da un opportuno calcolo di questi tempi mimetizzati, Ubbiali, e solo lui, potesse conoscere le sue possibilità senza rivelarle agli avversari che poi metteva nel sacco al momento buono.
Le sue sottigliezze arrivavano a «inventare» delle traiettorie particolari nei circuiti, non solo per sfruttare la linea ideale per fare meno strada, ma anche per approfittare di lievi pendenze, trovare le zone più lisce e così via. A parlare, per lui, erano esclusivamente il contagiri e i tempi segnati dal cronometro.
In un certo periodo sembrava che Ubbiali fosse l’unico ad affrontare in pieno il curvone di Monza con una 250, con evidente sconforto degli altri piloti che non se la sentivano di fare altrettanto. Sembra ammettesse in seguito che entrava sì al curvone col gas spalancato, ma anche col freno della ruota posteriore leggermente pigiato.

Tra le sue astuzie per disorientare gli avversari c’era anche un’impossibile staccata prima della curva: al momento in cui un pilota manifesta l’inizio della frenata alzando repentinamente il busto dal serbatoio su cui è stato appiattito nel precedente rettilineo, Ubbiali invece (se si trovava ai ferri corti) iniziava senza darIo a vedere la frenata, sempre mantenendo il busto abbassato come se avesse avuto intenzione di andare diritto. Chi voleva imitarlo non ce la faceva più a curvare e, in ogni caso, sarebbe rimasto per qualche attimo perplesso.
Sempre con l’intento di spezzare la concentrazione dell’avversario, si dice che Ubbiali (forse lui non Io ammette...) staccasse una mano dal manubrio rovistando da qualche parte del motore come se avesse guai in vista; ovviamente guardandosi bene dal chiudere il gas. Era anche maestro di scie e certe sue spettacolari vittorie in volata, particolarmente a Monza, erano frutto di eccezionale tempismo e lucidità.
Ubbiali insomma ha vinto nove titoli mondiali, di cui sei per la 125 e tre per la 250, più otto titoli italiani, e innumerevoli gare, grazie a un impasto tutto suo di capacità, intelligenza, furberia e tattica, il tutto sotto una regia di rarissima freddezza e lucidità. Certo un avversario si sarebbe sentito meno «angosciato» a battersi con l’altrettanto bravo ma più «scoperto» Provini che non con l’imperscrutabile Ubbiali e i suoi mille stratagemmi.
La sua prima corsa Ubbiali l’ha fatta in casa: il famoso Circuito delle Mura a Bergamo che il giovanissimo Carletto vince al suo esordio nell’edizione del ‘47, con una due tempi DKW 125, anche se il fatto di non avere ancora compiuto i diciott’anni (cosa risaputa a gara conclusa) gli procurerà dei rimbrotti, ma ne aumenterà l’immediata popolarità.

Così come si è subito rivelato un fuoriclasse in circuito, Ubbiali si dimostra della miglior levatura anche nella specialità del fuoristrada. Quello stesso anno vince infatti una gara di regolarità, ma la sua più importante affermazione in questo settore la ottiene nel 1949 aggiudicandosi con la MV una medaglia d’oro nella Sei Giorni Internazionale di regolarità svoltasi a Llandrindod Wells.
Per la MV Ubbiali è ben presto corridore ufficiale, e non solo ottiene vari successi in patria, vincendo fra l’altro anche il circuito di Genova categoria scooter, ma viene inviato all’estero dove ottiene ottimi piazzamenti, il migliore dei quali è il terzo di Assen.
Nel 1950 un’importante offerta della Mondial che nella 125 si è rivelata la macchina vincente: Ubbiali accetta e con le moto dei fratelli Boselli primeggia in Italia a Bergamo, Cascina, Pesaro, ma soprattutto si afferma all’Ulster davanti al compagno di squadra Ruffo, che sarà il campione mondiale della stagione. Seguirà un bel secondo posto a Monza, dopo Gianni Leoni, anch’egli con la Mondial. La stagione si chiude con la conquista del primo titolo italiano di classe.

Ancora con la Mondial, nel 1951, raggiunge quei traguardi che pochi altri piloti hanno potuto conquistare in così breve tempo dal debutto. Non solo infatti si riconferma campione italiano della 125 ma conquista pure il primo dei suoi nove titoli mondiali grazie alla vittoria di Monza e ai secondi posti del G.P. di Spagna a Barcellona, dopo Guido Leoni, e al Tourist Trophy dopo McCandless.
Con questi successi Ubbiali diventa l’uomo di punta per la Mondial, ma nel ‘52 il fronte avversario è particolarmente agguerrito perché non solo ci sono le MV bialbero a contrastare il passo, ma si sono affacciate alla ribalta anche le nuove Morini e la NSU. I quattro secondi posti ottenuti da Ubbiali nel corso dei mondiali non bastano dunque ad assicurargli il titolo che va all’inglese Sandford con la MV. E assicurato invece per il terzo annoconsecutivo il titolo nel campionato nazionale.
In considerazione di questo stato di cose e di una momentanea pausa della Mondial sul fronte dei mondiali, Ubbiali accetta l’offerta della MV Agusta e a questa marca rimarrà fedele sino all’abbandono dell’attività alla fine del 1960.

In sette anni di attività con la MV Ubbiali conquisterà otto titoli mondiali e cinque italiani di cui tre per la 125 e due per la 250; nonostante questo non si può certo dire che abbia avuto vita facile perché ha sempre incontrato avversari (piloti e marche) di altissima levatura (Haas e Hollaus con le NSU, Ferri con la Gilera, Provini e Sandford con le Mondial, Degner con la MZ, Gandossi e Taveri con le Ducati), in più ha avuto degli scomodissimi compagni di squadra come l’ex avversario Provini, Bruno Spaggiari, Taveri e Gary Hocking.
Isuoi capolavori Ubbiali li ha compiuti non soltanto vincendo da maestro epici duelli con gli avversari dichiarati, ma anche riuscendo a tener testa ai suoi «amici», senza mai perdere la calma in quella difficilissima battaglia dei nervi che spesso si instaura fra i due galli nello stesso pollaio e che, nel caso di Provini, ha raggiunto l’apice.

Mentre infatti con un osso duro come Hocking non c’era che l’inesorabile verdetto del cronometro, con Provini (altro pilota furbo ma di una furberia istintiva, non così tagliente come quella di Ubbiali) si era creata un’autentica guerra fredda, fatta di silenzi, di dispettucci, di diffidenza, di continua vigilanza sulle proprie e le altrui moto, che avrebbe logorato uomini dalla tempra meno ferrea. Dei due è sbottato per primo Provini che nel 1960 ha preferito spezzare questa convivenza ad alta tensione passando alla Morini.

Il 1953, anno del suo approdo alla MV, non si presenta facile: in campo mondiale sono presenti in forze le NSU che con Haas sbaragliano il campo, mentre in Italia la Morini si rivela una macchina difficile da battere e il titolo va a Emilio Mendogni per la marca bolognese nelle 125.
Ubbiali si prende tuttavia la grandissima soddisfazione di battere la NSU e il suo uomo di punta Werner Haas, proprio sul circuito che entrambi avrebbero sicuramente preferito vincere: il G.P. di Germania, in casa loro, sul tracciato di Shotten. Tra i migliori risultati della stagione il secondo posto di Assen.
Annata magra anche il 1954 perché il titolo mondiale va ancora una volta alla NSU, questa volta con Ruppert Hollaus, mentre il titolo italiano è appannaggio di Angelo Copeta con la MV Agusta.
Le cose cambiano nettamente nel 1955 e se il titolo italiano della 125 andrà al nuovo astro Provini con la Mondial, il mondiale sarà magistralmente condotto da Ubbiali che vince cinque delle sei prove in calendario per la 125, ivi compreso il Tourist Trophy.
Quello stesso anno la MV Agusta fa la sua comparsa anche nella classe 250 con una 175 bialbero maggiorata, prima di arrivare l’anno successivo ad approntare la 250 «piena»; a Ubbiali la soddisfazione di portarla alla vittoria al G.P. delle Nazioni a Monza, battendo tre NSU fra cui quella del campione mondiale di stagione Hermann Mùller e conquistando se non altro il titolo di marca.
Nel ‘56 Ubbiali è per la prima volta impegnato regolarmente sul fronte delle due cilindrate e non si può dire che si senta stressato dall’impegno perché porta a casa tutto quello che c’è da vincere: due titoli italiani per la classe 125 e 250 e due mondiali nelle stesse cilind rate.
Per quanto riguarda il campionato del mondo della 125 Ubbiali fa il vuoto intorno a sé perché delle sei gare in programma ne vince cinque, fra cui il Tourist Trophy e l’Ulster, tra le più difficili. L’unica volta che viene relegato al secondo posto è ad opera della Giera bicilindrica pilotata da Romolo Ferri alla Solitude.

Altro pericoloso avversario della stagione in questa cilindrata è Provini con la Mondial, particolarmente minaccioso al G.P. delle Nazioni a Monza dove si classifica secondo.
Anche nella 250 identico risultato perché Ubbiali vince cinque delle sei gare disputate, con l’unica eccezione dell’Ulster perché un guasto alla frizione lo appieda in vista del traguardo, quando ormai sta per aggiungere una nuova affermazione al suo carnet, con un buon margine di vantaggio sui rivali tra cui il compagno di marca Luigi Taveri che si trova la gara «regalata» inaspettatamente.
Quell’anno alla classe di Ubbiali si aggiunge lo stato di grazia delle MV che sono nettamente superiori alle nochè NSU, mentre Lorenzetti con la sua Moto Guzzi personale, pur dispu:ando prove bellissime come a Monza in cui arriva secondo in volata, non è in condizioni di battersi ad armi pari.
Ben più contrastato il campionato nondiale 125 e 250 del ‘57 perché a sbarrare il passo a Ubbiali c’è la Mondial, ritornata ad essere altamente competitiva, con Tarquinio Provini e Decil Sandford. Tanto competitiva che sarà proprio la Mondial con questi due piloti ad assicurarsi i titoli mondiali delle due minori cilindrate.
Ubbiali sarà però ancora una volta il più valoroso avversario, anche se una caduta a forte velocità durante le prove al Gran Premio d’Olanda (una delle rarissime cadute di questo grande campione) lo mette fuori com battimento per alcune gare successive compromettendo in modo decisivo la scalata al titolo.

Nonostante ciò, nel ‘57 vanno ascritte a Ubbiali le vittorie a Hockenheim e Monza con la 125 e quella di Hockenheim con la 250.
Alla fine del ‘57, stante il ritiro di Moto Guzzi, Gilera e Mondial, il conte Agusta decide di non lasciar perdere un talento come Provini, l’acerrimo nemico della MV sino a poco prima, e lo ingaggia nella propria fortissima squadra per il 1958, naturalmente non come subalterno di Ubbiali, ma come pari grado. Poi si vedrà...

Naturalmente la cosa, anche se non mette in uno stato d’animo del tutto pacifico i due protagonisti, ha il potere di fare presa sul pubblico che si appassiona ai duelli dei due compagni di marca, così come si infervorava al loro confronto quando erano avversari a tutti gli effetti.

Il freddo bilancio in base ai risultati di questi due anni di convivenza dice quanto segue: nel 1958 Ubbiali è nettamente il favorito nella 125 e vince il titolo con quattro vittorie su sette gare in programma. Più che con Provini deve però vedersela con le Ducati desmodromiche affidate a Gandossi, Ferri, Taveri, Chadwick che poco manca che arrivino al titolo con Gandossi se questi non compromettesse tutto con una caduta proprio nelle ultime battute del campionato stesso, all’Ulster. Nella 250 invece, dopo alcuni secondi posti, il «via libera» sarà dato a Provini.
Nel ‘59 Ubbiali si riprende clamorosamente lo scettro di entrambe le cilindrate dopo due campionati combattutissimi e contrastati. Nella 125 vince ad Hockenheim, ad Assen e in Belgio, Provini vince al T.T. e in Svezia, Hailwood con la Ducati all’Ulster e Degner con la MZ in volata a Monza. Come si vede, un bel movimento di macchine e piloti.

Nella 250 altra vittoria sudatissima e incerta perché Ubbiali vince a Hockenheim e a Monza, è secondo al T.T. e ad Assen dopo Provini, secondo in Svezia dopo Gary Hocking per l’occasione sulla MZ bicilindrica, con la quale vincerà anche all’Ulster, assente la MV Agusta e i suoi uomini che a questo punto sono ormai sicuri del titolo. In quanto al campionato italiano, nuova vittoria nella 125.
Ed eccoci aI 1960, stagione in cui Ubbiali conquisterà il massimo risultato in tutti i sensi perché, come già nel ‘56, farà una superlativa doppietta sia nel campionato italiano come nel campionato mondiale, dopodiché chiuderà in bellezza la sua carriera sportiva.
In entrambe le classi, Provini è stato rimpiazzato dal rhodesiano Gary Hocking, una belva feroce che va fortissimo ma che, nonostante ciò, Ubbiali riesce più volte a domare e anche in condizioni climatiche avverse che sembrano estremamente congeniali al rhodesiano. Bellissima è stata una vittoria a Cesenatico di Ubbiali su Hocking, in una gara con la pioggia, strappata metro per metro all’irriducibile antagonista.
Irisultati di Ubbiali nel ‘60 sono la vittoria al T.T. davanti a Hocking, nella classe 125, quindi, sempre davanti a Hocking, quella di Assen e deIl’Ulster, poi c’è un terzo posto a Francorchamps dopo le velocissime MZ di Degner e Hempleman, e una nuova vittoria a Monza davanti a Spaggiari con la MV, Degner con la MZ e Redman con la Honda. Di particolare significato l’affermazione al Tourist Trophy perché, contrariamente a quanto avveniva ormai da anni, anche le 125 e le 250 erano ritornate a correre sul Mountain di 63 chilometri, anziché sul Clypse di 7,364 km.
Nella 250 Ubbiali è secondo al T.T. dopo Hocking e davanti a Provini con la Morini, è primo ad Assen con Hocking secondo e identico è il risultato in Belgio; si invertono invece le parti alla Solitude per il G.P. di Germania dove Ubbiali compie una delle più entusiasmanti gare della sua carriera perché cade al primo giro a causa della fanghiglia scivolata da un terrapieno sulla pista, ma raddrizza alla belle meglio a pedate il tubo di scarico, balza in sella e con una rimonta fantastica conquista il secondo posto, ormai in vista del rhodesiano.
Ubbiali vince poi ancora all’Ulster e a Monza, entrambe le gare davanti a quelle moto che saranno di lì a poco le dominatrici dei campionati a venire: le Honda di Tom Phillis e Jim Redman.
La morte del fratello Maurizio per malattia, il desiderio di fare una pausa e prender fiato e gli incerti piani della MV Agusta per l’immediato futuro faranno decidere a Ubbiali, senza più rimangiarsi la parola, di dare addio per sempre alle corse all’età di trentun anni e nel pieno fulgore della carriera.
Uno splendido modo per smettere, il che tuttavia non valse al momento a lenire il disappunto degli sportivi di tutto il mondo e dei suoi numerosi simpatizzanti, anche se ad essi il massimo che Ubbiali riservava in quanto a confidenza era un abbozzo di sorriso, poco più che una smorfia.

 

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