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Mike Hailwood il fenomeno

Fu nel 1957 che un diciassettenne di nome Stanley Michael Bailey HaiIwood si allineò nervosamente per la prima volta a una partenza, ad Oulton Park, in Inghilterra, con una MV 125 presa in prestito. Nessuno allora avrebbe potuto prevedere che questo giovane sarebbe diventato uno dei più grandi campioni di tutti i tempi, vincitore di innumerevoli gare, fra cui dodici Tourist Trophy, e di nove titoli mondiali.
Fin dall’inizio Hailwood, nato a Oxford il 2 aprile 1940, ebbe una vita molto più facile della maggior parte dei ragazzini che si scoprono la vocazione di pilota motociclistico, e questo grazie ad un padre molto ricco, Stan Hailwood, appassionato di moto, e alla conseguente possibilità di ottenere il meglio senza particolari problemi: il tutto però unito ad una straordinaria abilità, coraggio e volontà di vincere, doti innate che il patrimonio paterno non avrebbe certo potuto procurare. A quel suo primo incontro Hailwood arrivò a bordo di un’auto con tanto di autista e con molto sussiego si fece avanti, in un’inappuntabile tenuta di gara. Molti dei presenti pensarono certamente che si trattasse di uno scherzo, ma ben presto ebbero modo di ricredersi, non tanto per l’undicesimo posto conseguito in quell’occasione, quanto per due ottimi piazza menti ottenuti la settimana seguente a Castle Combe: quarto con la MV 125 nella prova di classe e quinto nella 250. lI giovane esordiente aveva lasciato il segno e aveva iniziato una carriera che lo avrebbe portato alla guida di moto da corsa di diverse marche e di tutte le cilindrate, in particolare MV Agusta e Honda, e che avrebbe fatto di lui uno dei protagonisti del Tourist Trophy.

La prima vittoria di Mike Hailwood, a sole poche settimane di distanza dalla sua prima gara, ebbe luogo sempre in Inghilterra, a Blandford Camp, nel Dorset, dove mantenne la sua MV 125 in prima posizione fin dall’inizio. Il consuntivo di quella sua prima stagione fu senz’altro positivo: ben raramente si classificò al di fuori dei primi cinque posti. Il futuro campione si serviva allora per i suoi spostamenti di un autofurgone abbastanza grande per poter contenere una dozzina di moto, più due «posti letto» per se stesso e per il meccanico: proprio questa organizzazione creò all’inizio una barriera tra il giovane corridore ricco e gli altri piloti senz’altro meno agiati. Hailwood fu quindi praticamente costretto a mettere in mostra le sue indiscutibili capacità, in modo che nessuno potesse ritenere i suoi successi derivati esclusivamente dalle più consistenti possibilità economiche.
Nel 1958 Hailwood visse la sua prima stagione internazionale. Ad appena un anno di distanza dal suo esordio come corridore, si iscrisse a tutte e quattro le gare «a solo» del Tourist Trophy. Sorprendentemente si classificò terzo nella 250, settimo nella 125, dodicesimo nella 350 e tredicesimo nella prova più importante, quella riservata alle 500 cc. Nei due anni seguenti partecipò alle gare con moto di molte marche, da una ltom 50 alle Norton, alle Ducati, alle Paton, alle NSU, alle MV ed a qualsiasi altro mezzo che fosse in grado di fornire una certa com petitività. Successivamente tentò anche di comperare le Morini bialbero e le Gilera quattro cilindri, ma senza successo. Era in grado di passare da una moto all’altra con un virtuosismo incredibile, continuando a collezionare vittorie su vittorie.
Ma fu il 1961 l’anno in cui diede veramente prova della sua bravura, vincendo tre gare di Tourist Trophy in una sola settimana: e se, nel corso della prova riservata alle 350 cc, non si fosse rotto lo spinotto della sua AJS a circa venti chilometri dal traguardo avrebbe vinto anche quella. La sua vittoria più bella fu senz’altro quella ottenuta nella prova più importante,quella delle 500 cc, con una Norton Manx: messa a punto da Bili Lacey, mantenne una media superiore ai 160 chilometri orari e il suo giro più veloce lo fece alla vertiginosa velocità di 161 km/h. E vero che Gary Hocking, il favorito, era rimasto bloccato dai problemi della sua MV quattro cilindri, ma la velocità sul giro realizzata da Hailwood fece comprendere che si sarebbe guadagnato ugualmente il posto d’onore anche se fosse stata la moto italiana a vincere. Fu anche d’aiuto alla Honda in occasione dei suoi primi tentativi di ottenere un successo all’isola di Man, vincendo con il bicilindrico nella classe 125 e con la quattro cilindri nella 250 cc, anche se favorito in questa classe dalla defezione dello scozzese Bob Mclntyre, costretto al ritiro da problemi di raffreddamento dell’olio, pur avendo compiuto un giro alla considerevole media di quasi 160 km/h. Hailwood si impose nella 250 lasciandosi alle spalle i piloti ufficiali della Honda Redman e Phyllis. A questa vittoria vanno aggiunte quelle ottenute al G.P. d’Olanda, a quello della Germania dell’Est e a quello di Svezia: tali risultati, uniti a tre secondi posti, lo portarono alla conquista del titolo mondiale delle 250 cc. Ma anche nelle altre classi ottenne risultati di rilievo, come i sei secondi posti, due vittorie e un quarto posto nella 500 cc.
Hailwood a quell’epoca non era un corridore ufficiale vero e proprio: la moto gli era stata data in prestito e gli era stato consentito il sostegno della Casa solo perché suo padre aveva accettato di importare le macchine della Honda.

Verso la fine del 1961 il conte Agusta fissò l’attenzione su Hailwood: organizzò una serie di prove e gli consentì di correre a Monza con le MV quattro cilindri di 500 e 350 cc, in occasione della penultima prova valida per il campionato del mondo. Ed Hailwood non perse tempo, dimostrando subito al conte cosa fosse in grado di fare: vinse la 500 e si classificò secondo dietro a Hocking nella 350 cc. Questi due successi diedero inizio al lungo e fortunato sodalizio HailwoodMV: il pilota inglese rimase con la Casa italiana fino al 1965, battendo in quegli anni di convivenza quasi tutti i record sul giro e sulla distanza e raccogliendo per la MV ben quattro titoli mondiali, sempre nella massima cilindrata.
L’innegabile supremazia della coppia in quegli anni e la mancanza di antagonisti validi rischiarono di incrinare con la noia il felice rapporto tra il corridore inglese e la Casa italiana.
Hailwood avrebbe desiderato moltissimo partecipare anche a qualche prova riservata alle 250 cc, ma la MV aveva da tempo abbandonato tale cilindrata. Riuscì comunque a partecipare ugualmente ad alcune prove riservate a questa classe con la tedesca orientale MZ, che portò alla vittoria (cosa riuscita a pochi altri piloti) al Sachsenring nel 1963.

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Nel 1965, però, fece la sua comparsa sulla scena della MV un certo Giacomo Agostini, e le cose cominciarono a ravvivarsi, anche perché Hailwood non avrebbe mai accettato nessuna imposizione in materia di ordini di scuderia: Ago avrebbe potuto vincere solo ed esclusivamente in virtù dei propri meriti personali.
Una delle prove più difficili cui Hailwood fu sottoposto fu senz’altro il Tourist Trophy 1965, classe 500. Vale la pena di ricordare i fatti: al terzo giro, mentre si trovava in testa senza problemi, la sua MV slittò su una macchia d’olio, finendo a terra; il pilota si rialzò illeso, ma la moto era in condizioni penose: il parabrezza si era rotto, i tubi di scarico si erano completamente appiattiti da un lato, il manubrio e le pedane poggiapiedi si erano piegati... Più di un pilota dotato di una temprameno forte della sua a quel punto si sarebbe dato per vinto: Hailwood invece spinse la MV contro mano in discesa (contro tutte le regole e con la complice momentanea «distrazione» dei commissari di gara) per poterla rimettere in moto. Tornato ai box, si fermò appena quel tanto perché la moto potesse essere rimessa a posto alla belle meglio: il parabrezza fu tirato via ed Hailwood affrontò il resto della gara in queste condizioni, sotto una pioggia pungente. Ma la moto aveva subìto un altro danno ben più grave e pericoloso: una delle farfalle del carburatore si era aperta completamente, e il campione proseguì ugualmente la corsa scherzando con la morte come non gli era mai capitato prima di allora, lavorando sui freni per impedire che nelle curve la moto se ne andasse per i fatti suoi. Semiaccecato dalla pioggia, Hailwood portò a termine anche l’ultimo giro, vincendo a una media di 148 chilometri all’ora.
Un momento difficile nei rapporti con la MV si ebbe quando, nel 1964, ad lmola la Gilera tornò momentaneamente alle corse ed Hailwood si trovò a dover fare i conti con John Hartle e Derek Minter. Pur essendo reduce da una caduta durante una gara in Inghilterra che gli aveva lasciato ancora, come strascico, un polso dolorante, Hailwood non poté resistere alla tentazione di un confronto con la Gilera. La gara fu per lui un disastro: il dolore al polso aumentava infatti sempre di più, e le Gilera rivali (che correvano in casa) lo superarono rombando davanti a una folla enorme: naturalmente il nome della MV uscì sminuito da questa sconfitta. Il giorno seguente Hailwood dovette sorbirsi una sgridata particolarmente severa da parte del conte Agusta, che non era certo tenero quando riteneva di aver perso stupidamente una corsa.
Alla fine del 1964 il campione inglese fu sul punto di entrare a far parte della squadra ufficiale della Honda: Jim Redman era intervenuto con una certa insistenza perché venisse affidata ad Hailwood una Honda per il Gran Premio d’italia, ma i responsabili del reparto corse della Honda avevano rifiutato. A un anno circa di distanza, però, Hailwood fu invitato a provare la Honda 250 sei cilindri: il suo compito più importante (e il motivo principale per il quale la Honda lo voleva) era di fare in modo che la nuova 500 cc quattro cilindri vincesse il campionato del mondo, anche se poi, in realtà, nel 1966 affidarono alloro pilota più collaudato, il rhodesiano Jim Redman, il mezzo più competitivo. La nuova Honda 500 aveva una potenza veramente notevole, ma la tenuta di strada non era certo l’ideale.
All’inizio della stagione 1966 Hailwood svolgeva quindi nella massima cilindrata il ruolo di gregario nei confronti di Redman: ma verso la metà della stagione si ebbero degli sviluppi drammatici, in quanto Redman fu costretto a ritirarsi dalle corse per una frattura ad un braccio riportata in una caduta. Al Gran Premio d’italia, ultima prova di campionato mondiale, si ruppero le valvole della Honda di Hailwood mentre era lanciato all’inseguimento di Agostini, e Agostini si impadronì di un titolo che chiunque, all’inizio della stagione, avrebbe pensato fosse a completa disposizione della Honda. Hailwood comunque riuscì a conquistare i titoli mondiali delle classi 250 e 350 cc.
L’anno seguente, che per il campione avrebbe rappresentato l’ultima stagione completa di corse motociclistiche, un episodio analogo: il carter della sua Honda si ruppe proprio mentre stava conducendo il Gran Premio d’italia con un buon numero di secondi di vantaggio su Agostini, che con questa vittoria conquistò il secondo titolo mondiale; come si può immaginare, Hailwood (che nel corso della stagione aveva ottenuto cinque vittorie come Agostini e due secondi posti contro i tre del campione italiano) ne uscì profondamente scoraggiato, anche se conquistò ancora i titoli delle classi 250 e 350.
Ma in questi due anni Hailwood cominciò a sentire tutte le preoccupazioni e le tensioni insite nelle gare: a questo contribuì anche la non facile guida della grossa Honda 500, abituata a ondeggiare e a flettersi in modo allarmante ad ogni curva.

Per Hailwood una delle soddisfazioni più grandi venne dal Tourist Trophy del 1967, classe 500 cc. Quella, più che una normale prova di campionato mondiale, era un vero e proprio duello: Hailwood e la Honda contro Agostini e la MV. Hailwood aveva a sua disposizione la moto più potente, che però, incidentalmente, era anche la più difficile da maneggiare. Agostini, la cui MV era stata elaborata e perfezionata proprio tenendo conto di questo difficile percorso di montagna, sprizzava da tutti i pori fiducia in se stesso e nel proprio mezzo. Quando la bandierina venne abbassata, Hailwood partì come un razzo superando il record sul giro con partenza da fermo, ma c’era sempre Agostini, e per quanto Hailwood portasse a 175 chilometri all’ora il record sul giro, il miglior giro di Ago gli fu inferiore solo per un soffio. Hailwood, estremamente preoccupato per la spiacevole combinazione costituita dalla sua grossa Honda e dal percorso del Tourist Trophy, costringeva gli spettatori ad allontanarsi precipitosamente dai muri e dalle barriere di protezione lungo tutto il circuito, in un’impressionante sequenza di ondeggi, beccheggi e derapate. Si disse che in un punto del circuito i commissari di gara fossero stati costretti a squagliarsela, convinti che la Honda praticamente priva di controllo sarebbe piombata loro addosso. Malgrado questi seri problemi Hailwood doveva spingere ancora più forte, perché Ago continuava a rappresentare un pericolo incombente. A complicare le cose, la manopola del gas della Honda cominciò a staccarsi dal manubrio. La frenetica fermata ai box e l’aiuto di un martello non servirono a risolvere il problema, ma Hailwood non aveva tempo da perdere: ridusse lo svantaggio di undici secondi che aveva accumulato con la fermata ai box, riuscendo a conquistare persino un secondo di vantaggio, poi perse nuovamente terreno. Sembrava proprio che la MV avrebbe finito col vincere: poi, l’imprevisto (che alla fine compare sempre nei Tourist Trophy più combattuti) accadde anche questa volta. A pochi chilometri di distanza dal traguardo la tormentata catena della MV cadde a pezzi... e la vittoria andò ad Hailwood. Le ovazioni provenienti dagli spalti devono essere state con tutta probabilità le più forti che si fossero mai sentite.
Per quanto la Honda avesse elaborato per la stagione 1968 delle nuove moto, fu deciso comunque di mettere a disposizione di Hailwood delle moto da 250, da 350 e da 500 cc della stagione precedente. A questo punto sarebbe senz’altro stato possibile reperire il telaio più adatto per tenere sotto controllo la potenza delI~ 500, ed Hailwood avrebbe forse potuto conquistare un altro titolo; ma a questo punto scoppiò la bomba: la Honda annunciò la propria decisione di abbandonare ogni forma di attività agonistica, contribuendo in gran parte a mettere la parola fine alla brillante carriera del campione inglese.

Si disse persino che Hailwood fosse stato ugualmente pagato dalla Honda anche per il 1968, purché non accettasse di correre con altre marche. Difatti Mike disputò solo poche gare con le vecchie Honda rìmastegli, anche se piuttosto malridotte e praticamente sprovviste di ricambi. Fin che stanno insieme Hailwood accetta gli inviti, profumatamente pagati, degli organizzatori italiani che vogliono a tutti i costi il loro bravo duello AgostiniHailwood per richiamare pubblico. Come sempre Hailwood non delude e nel 1968 vince a Rimini la 350 ed è secondo nella 500, vince con la 500 a lmola e a Cesenatico.
Quello stesso anno per il G.P. delle Nazioni a Monza il conte Agusta gli offre ancora la possibilità di guidare le MV. Hailwood accetta ed effettua le prove; quando però gli viene detto che in gara dovrà dare la precedenza al suo ex compagno di squadra Agostini, si inalbera e all’ultimo momento passa a guidare la Benelli 500 che gli viene offerta dalla Casa pesarese. Il giorno della gara piove e per alcuni giri si assiste a un confronto strepitoso fra Agostini ed Hailwood, che supplisce con spericolatezza a ciò che manca alle prestazioni della sua occasionale cavalcatura. Osa però troppo e in staccata alla curva parabolica fa un interminabile ruzzolone sull’asfalto che, viscido com’è, frena solo in minima misura la slittata: tutto si risolve però senza altro danno che... una grinta feroce, carica di rabbia repressa, per cui nessuno si azzarda a rivolgere parola al grande campione che rientra a piedi verso i box. Gli è forse di conforto il caloroso applauso del pubblico.

Con la Benelli Hailwood correrà anche a Riccione, arrivando terzo. Chiude tuttavia bene la stagione (una stagione di «cassetta» più che altro) vincendo uno in fila all’altro quattro confronti contro Agostini, servendosi delle sue Honda; si impone infatti in una serie di corse di fine d’anno a Mallory Park e Brands Hatch. Ormai sempre più attratto dalle auto (con le quali disputerà delle buone gare, particolarmente con una Surtees nella Formula 5000), appare solo raramente in sella alle moto. Nel 1969 ricordiamo la sua comparsa a Riccio ne con una Honda 500 ormai agli sgoccioli, che porta al secondo posto dietro ad Agostini ma con un distacco di quasi un minuto. Nel ‘70 e nel ‘71 partecipa a Daytona nello squadrone delle BSA ma non ha fortuna e si ritira entrambe le volte, dopo essere anche caduto in prova. Nel ‘71 gli organizzatori del circuito di Pesaro fanno sensazione annunciando la straordinaria rentrée di Hailwood con la Benelli 350, ma non c’è niente da fare contro la MV di Agostini, che vince questo ennesimo confronto.

Dopo di allora le moto sono passate decisamente in secondo piano, mentre ha potuto cogliere qualche significativo successo con le auto, anche se non sufficiente ad appagare le sue aspirazioni. Nel ‘72 è campione europeo di Formula Due e si distingue in seguito anche in Formula Uno fino a quando, al Nùrburgring del ‘74, la sua McLaren esce di strada ed egli riporta gravi fratture alle gambe che lo indurranno ad abbandonare l’attività, dopo essersi trasferito in Nuova Zelanda.
Ma ecco che nell 978, così come si era detto ad ogni inizio di stagione, si diffonde la notizia di un ritorno di Hailwood alle corse motociclistiche. Questa volta però le illazioni vengono confermate ufficialmente. E il Tourist Trophy ad avere un così forte potere di richiamo e non poteva essere diversamente, considerato che Hailwood detiene il record di dodici vittorie sul percorso dell’isola di Man.

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